I Giochi di Atene del 1896 nacquero grazie allo slancio del barone Pierre de Coubertin, che era solito rimproverare ai suoi connazionali francesi di sedersi “troppo spesso sul cervello”, a danni del fisico.
Credeva infatti che l’educazione non poteva dirsi completa senza lo sport, perché sarebbero così mancati slancio, resistenza fisica e spirito di squadra (anche di lotta, al bisogno).
Per ribadire il suo concetto pedagogico universale, proibì i primi Giochi Olimpici a tutti gli atleti professionisti. Proprio così. E ci andò di mezzo anche il nostro connazionale Carlo Airoldi che aveva raggiunto Atene a piedi passando dai Balcani. All’arrivo, però, la sua avventura finì ancor prima di iniziare: vietato iscriversi alla maratona, in Italia aveva ricevuto un premio in denaro per una gara di corsa.
Un elogio del dilettantismo a cui ci allineiamo senza indugi. Et voilà, il Partenone diventa subito amatoriale: il nostro “atto d’amore” per l’arte del disegno.
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Santa Galla