C’è chi ha scritto che lo stile è la forma costante dell’arte di un individuo, di un gruppo, di un periodo. E Gerrit Thomas Rietveld è uno di quei pochissimi casi nella storia in cui lo tocchiamo con mano in tutti e tre.
Grazie alla sedia rosso/blu (1917-18), arriva alla Casa Schröder (1924); da lui a Mondrian, Theo van Doesburg e compagni; dal Neoplasticismo a un modo di targare non solo l’avanguardia olandese, ma buona parte di un periodo storico. Ricordate quando, nel 1965, Yves Saint Laurent disegna l’abito “Composition in yellow, red and blue”? La fonte diretta era un omonimo Mondrian, quella indiretta il “De Stijl” (e tutto il resto).
Nelle intenzioni dei suoi fondatori, “De Stijl” non doveva tradursi solo con “stile”, ma con “Lo Stile”. E sappiamo anche che, per scovarlo, non c’è radiografia più autentica che quella lasciata da un artista, un designer, un compositore, su un pezzo di carta.
Chiunque abbia in mente le grotte di Lascaux lo sa: l’origine del mondo è un disegno. E, se la proprietà transitiva non ci inganna, anche dello stile.
Onomastico:
San Giovanni Battista