Un museo che apre non è solo una galleria di quadri, sculture o stampe, ma è sempre un atto politico che racconta qualcosa del presente. Oggi, il brand Louvre esporta la sua eccedenza di memoria a chi ha il potere di affittarla (vedi l’omonimo di Abu Dhabi). Ieri, il Prado apriva in un momento storico particolare, sottolineando che Napoleone a invadere la Spagna, proprio non ce l’aveva fatta.
Alla mostra inaugurale, c’erano tutte le glorie del passato (El Greco, Velázquez etc.), ma anche il più acclamato pittore allora vivente. Stiamo parlando di Francisco Goya, che aveva raccontato quelle giornate in cui le truppe francesi invasero Madrid nella “Fucilazione del 3 maggio 1808”. Questo quadro è passato alla storia, ma non era in prima fila all’inaugurazione e rimase nei depositi del museo per circa quarant’anni. Diciamo che la contemporaneità era ancora troppa cosa e la politica – come detto all’inizio – c’è sempre, anche se in filigrana.
In ogni caso, l’allestimento è sempre il momento più bello della vita museale: si aprono le casse, si annusano gli oli antichi, si sistemano le cornici. Il lavoro va su su, fino all’ultimo tocco di un ideale puntale: ecco, avete presente “Las Meninas”, di Diego Velázquez? È la tela che ha rivoluzionato per sempre il modo in cui guardiamo e ci guardiamo dentro a un quadro. Solo lui, vale un viaggio a Madrid per il prossimo Natale.
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