Il 2 ottobre è la “Festa dei nonni”

Questa festa cade il 2 ottobre solo in Italia. Negli Stati Uniti, ad esempio, si festeggia a settembre, la prima domenica dopo il “Labor Day”. È una celebrazione piuttosto vecchiotta: fu il presidente Jimmy Carter ad istituirla nel 1978, accogliendo la richiesta di Mrs. McQuade, madre di 15 figli e nonna di oltre quaranta nipoti e bisnipoti. Comunque, anche quella del nonno è una professione in evoluzione. Sappiamo di nonni che fanno yoga o che si prendono cura di loro stessi barattando il carboidrato con il tofu (che, se fatto dalle mani di nonna, saprà sempre e comunque di ragù). Ma arriverà sempre il momento in cui ci saranno una nonna o un nonno seduti in poltrona. In fondo, se si parla di accessori, questo qui sopra è quello essenziale per la cosa che sanno fare meglio di tutti: tessere il filo dei ricordi. Onomastici: SS. Angeli Custodi

Il 1 ottobre 1791 Maria Antonietta d’Austria viene eletta regina dei Francesi

Questa data cade in un limbo per l’ultima regina dell’Ancien Régime: nel 1791, Maria Antonietta non è più sovrana di Francia per volontà divina, ma ‘solo’ regina dei francesi, in un percorso verso la monarchia costituzionale. Andrà male e, come sappiamo, la regina morirà solo due anni più tardi. Ma a parte questa triste fine, Maria Antonietta (1755-1793) è sempre stata poco simpatica al popolo di Francia: un po’ per l’aspetto pingue del marito, che stonava dovunque lo si posasse, un po’ per la particolare ‘stoffa’ di questa signorina, per cui non c’era trementina che tenesse. Su di lei, però, esiste anche un profluvio di luoghi comuni e quel “se non hanno più pane, che mangino brioche” non è che il più noto, ma forse anche il più falso. Era, infatti, un modo di dire in voga alla corte francese del tempo; ma probabilmente la regina non l’ha mai detto. Nel 2006, la regista Sofia Coppola fa spuntare dal guardaroba di Maria Antonietta un paio di Converse lilla. Ma la storia, in realtà, aveva già fatto tutto da sola: nel 1783, un dipinto della regina (oggi al Met), veniva ritirato dal Salon perché la sovrana vi era raffigurata in un abito di mussolina. Era come mostrarsi al mondo in abbigliamento intimo, o in pigiama. Eppure, se questo stile è arrivato fino a Madonna, a Dolce & Gabbana o a “Sex and the City”, di una cosa siamo certi: alla pari del metro che fu introdotto a sua volta in quegli anni (1791), ci sono delle affermazioni che non trovano accoglienza e consenso immediati, ma nel tempo diventano unità di misura per tutti. Onomastico: Santa Teresa di Lisieux

Il 30 settembre 1950 nasce Renato Zero 

Oggi, l’ex ragazzo del Piper festeggia 71 anni, che ha trascorso senza mai perdere di vista la sua bussola: a Nord Dio, a Est Roma, a Ovest il sesso e, a Sud, gli ultimi. Il primo degli ultimi, in un certo senso, è stato proprio lui, quando durante i primi concerti gli veniva gridato quel “Sei uno zero” dal pubblico; ma Renato Fiacchini era reo solo di essere un ragazzo che amava esprimersi con trucco e zatteroni. Tra gli animali meno amati dagli umani, ci sono anche quelli che ha scelto per esprimere il suo affetto verso il pubblico. Il termine “sorcino” nasce a Viareggio all’inizio degli anni ’80, quando Renato, vedendo i suoi fan che lo inseguivano con i motorini, disse che gli sembravano tanti “sorci”. Da allora in poi, saranno la sua famiglia. I migliori auguri, Renato. Il triangolo, non lo avevi certo considerato, ma un mouse come sorcino lo avresti mai immaginato? È il nostro piccolo regalo. Onomastico: San Girolamo

Il 29 settembre 1571 nasce Caravaggio 

Se mai qualcuno vi proporrà di andare a vedere una mostra di disegni di Caravaggio, due sono le cose: o ha preso un abbaglio, oppure vi sta ingannando. Non esistono schizzi realmente autenticati del Merisi (anche se, come tutti i grandi temi, non manca il dibattito). Manuali ed epitaffi di storia dell’arte ci hanno insegnato, però, che il disegno è la cosa più pura che esista; ma cosa accade nel tempo che passa tra lo schizzo e l’opera ‘finita’? In altre parole, la prima intuizione riesce davvero a mantenersi tale? Caravaggio aveva optato per nessuna forma di mediazione. Non è dato a noi stabilire il perché dipingesse direttamente sulla tela; certo è che in quella Roma (appena intimidita dalla Controriforma), ci voleva una certa audacia nel mettere in primo piano dei piedi impolverati o una donna che allatta il padre da una prigione. A Caravaggio interessava la natura, nuda e cruda; per cui, un disegno lasciato sul tavolo a lievitare poteva diventare un alleato dell’esitazione? Chissà. Quel che è certo è che quella signora di Caravaggio ha allattato l’“egregius in Urbe pictor”: il migliore di tutti. Onomastico: San Michele Arcangelo

Il 28 settembre 1877 a Parma viene fondata la Barilla 

Tutto ha origine nel 1877, quando Pietro Barilla apre una piccola bottega di pasta: se non ci trovassimo in centro, a Parma, sarebbe il perfetto scenario del ‘mulino bianco’. Ma non corriamo troppo; la storia è ancora tutta da scrivere. Eccoci al 1930, quando la Barilla è già una ridente azienda di 53 anni. E chi arriva a tentare di interrompere l’idillio? Non la Prima Guerra, non Benito: ma il Futurismo. È del 1930 il “Manifesto della Cucina Futurista” in cui Filippo Tommaso Marinetti boccia, tranchant, quell’“assurda religione gastronomica italiana” che chiamiamo pasta. Gli effetti? “Fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo”. Ma come, se persino Garibaldi, l’eroe dei due mondi, era stato commerciante di spaghetti in Brasile… Marinetti e compagni si immaginavano invece gli italiani salire sui treni di alluminio del futuro; per questo, dovevano essere i più agili e snelli di tutti gli Europei. Tempo di far passare anche un’altra guerra e la pasta avrebbe inamidato tutta l’identità nazionale; del resto “dove c’è Barilla, c’è casa”, reciterà più tardi un noto claim. La pasta è riuscita ad arrivare persino alla cosa più ‘di pancia’ che esiste: il tifo da stadio, quando il brand negli anni ’80 sarà sulle maglie dei giallorossi. Caro Marinetti, non c’è stato proprio verso di mettere, alla pasta, il bavaglio. Onomastico: San Venceslao

27 settembre 1998: Natale di Google 

Quando si scrive “Natale” al posto di “nascere” vuol dire che, quello in questione, è un evento epocale; e quello di Google non smentisce il senso che si dà a questa parola. Il 27 settembre 1998 Sergey Brin e Larry Page, studenti a Stanford, pubblicano un paper che presentava alla comunità accademica un nuovo prototipo di motore di ricerca. L’idea era farlo circolare un po’, forse venderlo, e poi rimettersi a studiare. Al tempo, i motori di ricerca esistevano già (il più noto era Excite), ma avevano un difetto: la ricerca restituiva tanti risultati, ma tutti alla rinfusa. Così, i due studenti decisero di risalire al bandolo della matassa creando un archivio di link che calamitassero tutti verso l’esatto termine cercato in quel momento: la parola magica era pertinenza. Oggi l’azienda vale 1000 miliardi di dollari. Da quel Natale, molto è cambiato e Google sembra farci ogni giorno tanti regali: con le email, il traffico, i ristoranti, i Doodle ballerini. È diventato, insomma, una sorta di “albero della vita” a cui sono legate molte delle nostre azioni con delle graffette invisibili. È l’internet, bellezza… Onomastico: San Vincenzo de’ Paoli

Il 26 settembre 1983 un ufficiale sovietico sventa un conflitto nucleare mondiale 

Si narra che Teseo si preparò ad affrontare il Minotauro mangiando tarassaco per trenta giorni di fila. Peccato, però, che sia stato un soggetto di così poco successo nelle rappresentazioni di questo eroe: vediamo sempre Teseo irretire (e poi abbandonare) Arianna, uccidere il mostro, contro le Amazzoni. E così via. In modo più o meno simile, si è volatilizzata anche la vicenda di Stanislav Petrov. Siamo in una sera di settembre del 1983 e l’URSS è in un momento di grave debolezza: basti solo dire che il presidente in carica, Andropov, governava la nazione dall’ospedale. Alle 00.14 arriva il seguente messaggio: “Missili americani in arrivo. Colpiranno il territorio dell’Unione Sovietica fra 25/30 minuti”. Petrov avrebbe dovuto avvertire i suoi superiori e svegliare il presidente nel reparto di geriatria, così da valutare la possibilità di un eventuale contrattacco. Invece, da analista, non esecutore, si fece venire un ragionevole dubbio: come poi si scoprì, il sistema era stato ingannato dai riflessi di luce sulle nuvole. La carriera di Petrov, però, non arriverà mai così in alto, anche se la sua fermezza ha permesso di sventare una non remota ipotesi di rappresaglia nucleare. Questa vicenda rivelava infatti due falle nel sistema sovietico: la prima, un ufficiale che non aveva seguito il protocollo; la seconda, un debug dei radar. Fu così che venne chiusa in cassaforte, insieme alla carriera dell’ufficiale. Ci consola sapere che, in quella sera, in Petrov si era forse condensato il desiderio di un’intera umanità: il soffio collettivo su un soffione. Onomastici: SS. Cosma e Damiano

Il 25 settembre 1976 un gruppo di ragazzi irlandesi risponde a un annuncio su una bacheca: diventeranno gli U2

Per un adolescente, l’inizio dell’anno scolastico è anche il momento di iniziare a capire cosa farne, del tempo, fino all’estate. Il pub, i dischi, i flirt, certo; però meglio tentare di mangiarsi le ore con l’amplificatore. Così, il quindicenne Larry Mullen scrive un annuncio sulla bacheca della sua scuola a Dublino; comunica che c’è un batterista disponibile a formare una band. Risponderanno in 6, e tra questi ci saranno tutti gli altri tre membri dei futuri U2. Nessuno di loro ha grandissime capacità musicali; del resto, non c’è garage nella storia del rock che non si sia disperato per il suono delle prime prove. Ma questo è solo l’inizio della storia. Il resto, è tutto nel rullante di “Sunday Bloody Sunday”: una marcia che riesce ancora (alla vigilia dei suoi 40), a passare al setaccio lo sbigottimento che ci assale al cospetto di qualcosa che non riusciamo a spiegare, ma che ci sembra abbia dentro della violenza. E in omaggio alla cattolica Irlanda, non ci resta che dire: “ascoltare, per credere”. Onomastico: San Firmino

Il 24 settembre 1959 va in onda per la prima volta lo “Zecchino d’Oro”

“Cari bambini buonasera, io sono Zurlì, il mago del giovedì. E questo è il mio regno che si chiama Fantasia”. Così iniziò lo Zecchino d’Oro, in un teatro di Milano, una sera del ’59. Era la prima volta che, in Italia, i bambini erano i protagonisti di uno spettacolo canoro professionale. Fatto non nuovo nel mondo; eppure, se l’America aveva prodotto Shirley Temple, nella spelonca del Mago Zurlì i bambini non salteranno mai la staccionata del mondo dei grandi; al centro della rassegna ci saranno sempre le canzoni, mai gli interpreti. Ma di cosa parlano, queste canzoni? La prima a vincere nel ’59 di un quartetto di uccelli. Seguiranno molti gatti neri, papaveri e papere, ancora gatti (44), pulcini ballerini e il valzer di moscerini. Il pedagogista svizzero Jean Piaget direbbe che lo Zecchino d’Oro è tutto infarcito di animismo, che è il modo in cui i bambini rappresentano il mondo intorno a loro in una certa fase evolutiva. A noi piace più pensare a loro come maestri di impasti di fantasia. Un po’ come le famose “Tagliatelle di Nonna Pina”. Onomastico: San Pacifico

Il 23 settembre 1971 viene rubato il dipinto “Lettera d’amore” di Jan Vermeer 

Se l’arte italiana dal Rinascimento in poi era tutta eroi e santi, in Olanda c’era invece una pittura che si concentrava sul piccolo del quotidiano. E gli interni di Jan Vermeer (1632 – 1675) ci parlano di tutto questo. Rinnoviamo così il tentativo  – e l’omaggio – cesellando l’ombra di un’arachide: perché questa, infatti, è una vicenda di oggetti piccoli, di storie piccole, di fatti storici – anche importanti – quasi dimenticati. Per cui entriamoci a passo lento, come se indossassimo un paio di pesanti zoccoli olandesi. Anche questo furto ha avuto come protagonista una piccola arma quotidiana: si tratta di un pelapatate, che era nelle tasche di Mario Pierre Roymans quando rubò (e poi recise) la cornice di “Lettera d’Amore” perché non passava dalla finestra del museo di Bruxelles (dove si trovava in prestito dal Rijksmuseum di Amsterdam). Il quadro sarà prima arrotolato nei pantaloni del ladro, poi nascosto in un bosco, poi sotto il materasso dell’hotel dove il giovane lavorava. C’è stato anche un riscatto ma, caso raro quasi quanto le 36 tele di Vermeer sparse nel mondo, questo non era a beneficio del sequestratore: Roymans era rimasto impressionato dal genocidio in corso in Pakistan durante la guerra di liberazione del Bangladesh. Per cui, chiese al Rijksmuseum di organizzare una raccolta fondi a tale scopo. Non ci riuscì, venne acciuffato e messo in prigione; ma ciò non toglie che il suo sia stato un messaggio a cuore aperto e a latitudini lontane. E, forse, non c’è contenuto più bello per quella enigmatica “lettera d’amore” lasciataci in eredità dal pittore. Onomastico: San Pio da Pietralcina