25 dicembre: Buon Natale!

In ogni giorno dell’anno, chiunque avvicini il proprio volto a quello di una culla vive di luce riflessa. Lo sapevano molto bene Correggio o Jacopo Bassano, che hanno rappresentato questo stato in tutti i loro notturni con pastori; potremmo citarne mille di immagini dove i volti dei presenti, in quella notte, sono inondati da qualcosa che sta un po’ stretto nel perimetro delle parole. Forse è per questo che Maria, nel Vangelo di Luca, preferisce rimanere in silenzio e serbare tutte queste “cose”, meditandole nel cuore. Queste giornate, sono spesso additate come quelle del dispendio; eppure oggi avremo con noi un’eccedenza di luce. Dunque, cosa farne? Noi speriamo di avere l’occasione di condividerla con chi, come Ungaretti, preferisce starsene da solo, tra le quattro capriole di fumo del focolare. Magari domani, non avremo più nodi al pettine da districare. Di vero cuore, da tutti noi, buon Natale.   Onomastico: Sant’Anastasia

24 dicembre: Vigilia di Natale

Quando ai tempi dei nonni dei nostri nonni si diceva “osservare vigilia stretta” la faccenda era di quelle da pasdaran: il digiuno era – si perdoni il gioco di parole – il vigile della festa. Oggi, la ristrettezza è stata relegata in cantina e ai piani alti della cucina c’è solo l’attesa mangereccia. “Cosa c’è di così spiacevole nell’essere ubriachi? Chiedilo a un bicchier d’acqua”, scriveva Douglas Adams. L’humor acetico di “Guida galattica per gli autostoppisti” serve a ricordarci che, oggi, c’è anche un secondo soggetto in attesa, ed è il signor stomaco. Sa che tra poche ore inizierà un tour de force che andrà dritto e spedito fino al 6 gennaio; forse, si augurerebbe almeno una vigilia stretta. Pertanto, il minimo che possiamo fare è dedicargli un omaggio natalizio crudista.   Onomastico: Santa Irma

23 dicembre 1979: addio a Peggy Guggenheim

Camminando per Venezia qualche decennio fa, non sarebbe stato difficile imbattersi in Peggy Guggenheim in gondola. Due erano i segni inequivocabili: i cagnolini al braccio e gli occhiali a farfalla, disegnati per lei dall’artista Edward Melcarth. Si sa, ambientarsi in una nuova città non è mai facile. Così, quando Peggy arriva in laguna nel 1946, va in un bar e chiede qual era il luogo dove poter fare nuove conoscenze: cercava artisti, critici, qualcuno con cui scambiare qualche parola sulla sua collezione (a Parigi, prima della Guerra, era conosciuta come la donna che acquistava un quadro al giorno). Le scrivono il nome di Emilio Vedova su un pacchetto di fiammiferi e l’indirizzo di una trattoria dietro piazza San Marco. Peggy va da “Angelo”, dove trova Emilio e tutto il cenacolo artistico veneziano (quello rigorosamente astratto). A distanza di anni, li immaginiamo ancora lì intorno al tavolo, tra il tramestio dei bicchieri, i baratti di quadri e i pranzi non saldati. Si narra di quando un conto fu pagato per la prima volta da un artista con una banconota, questa venne incorniciata; tutto sotto l’occhio vigile dell’Ultima Dogaressa.   Onomastico: San Giovanni da Kęty

Il 22 dicembre 1882 sono state inventate le luci di Natale 

A dicembre è Natale; a Natale si accendono le luci; le luci sono il Natale. Niente meglio di un piccolo sillogismo per ricordarci di quanto le luci siano consustanziali a questo tempo. Storicamente, arrivarono al momento giusto, perché la cera e le candele stavano rischiando di alienare questi momenti con incendi e altri piccoli scherzetti. Deus ex machina è stato il ‘vice’ di Thomas Edison, Edward H. Johnson, che il 22 dicembre 1882 portò un piccolo filamento di luci sulla 36esima strada. Fu un po’ un miracolo, un po’ un’apparizione nella notte: a differenza della cera, l’elettricità era ancora cara e si dovette attendere qualche anno perché quella strada non rimanesse isolata.  Oggi invece, le luci sono decisamente restie a rimettersi nello scatolone dopo il cenone (chi è senza peccato, scagli la prima presa); avvistamenti sono registrati spesso fino a Pasqua. Se la cera è stata da rottamare, non c’è dubbio che le luci siano diventate il sigillo lungo del Natale.    Onomastico: Santa Francesca Saverio Cabrini

21 dicembre: solstizio d’inverno 

Immaginiamo un inverno depurato dai toni del Natale: chiudendo gli occhi, quale sarebbe il primo colore che viene in mente? Abbiamo davvero pochi candidi dubbi. Bianco arriva dal tedesco “blank”, termine che evocava la luminescenza delle armi. Ci suona pertanto strano veder associato questo colore al giorno che, in fatto di luce, è il più avaro dell’anno: se di scorpacciate di sole si parla, allora il 21 dicembre sarebbe un pasto frugale. Ma come “ground zero”, il bianco è anche il tono degli inizi, anche di quelli più piccoli e quotidiani. La nostra civetta, che ci accompagna nella lunga notte dell’anno, ha preso forma mettendo insieme utensili simbolo della prima colazione e il suo candore vuole ricordarci, appunto, che ogni inizio ha sempre il suo fascino. “Bon petit-déjeuner et bon hiver”, allora!   Onomastico: San Pietro Canisio

Il 20 dicembre 1812 c’è la prima pubblicazione delle “Fiabe del focolare” dei fratelli Grimm

Le fiabe dei Fratelli Grimm hanno davvero poco a che fare con le versioni prodotte molti anni dopo da Walt Disney. Il loro glossario di immagini, infatti, era decisamente truce: questo perché erano ciò che rimaneva di antichissimi riti di iniziazione. Il primo a scoprire questo nesso è stato Vladimir Propp, lo studioso russo che passò al setaccio cento fiabe europee e americane, trovando trentuno funzioni comuni a tutte. Una di queste, vuole che a un certo punto l’eroe arrivi solo nel bosco e si trovi di fronte a una capanna fatta di zampe di gallina. Ci sembrerà strano, eppure anche nella nostra realtà il varco verso una terra di mezzo può essere sottolineato da un qualcosa: ad esempio, a Roma, un mostro ci apre la spelonca di una biblioteca (l’Hertziana, mondo ‘altro’ per eccellenza). Sempre sul ciglio di un bosco, in una nota serie tv c’è una casa dove si possono fare chiamate verso il mondo del “Sottosopra” (“Stranger Things”, 2016). Scendendo ancora di più nel piccolo del quotidiano, quale potrebbe essere un oggetto che ammalia e copre? Uno che è necessario (ma non strettamente), proprio come la fiaba sta al linguaggio parlato. Ecco, ci sembra proprio di averlo trovato: un guanto, manto per l’immaginazione. Onomastico: San Filogonio

Il 19 dicembre 1843 viene pubblicato “Canto di Natale” di Charles Dickens

Questo libro è stato scritto da Charles Dickens in pochissime settimane, e divenne sin da subito sinonimo di Natale. Al punto che, quando nel 1870 lo scrittore venne a mancare, una ragazza si chiese se fosse morto anche Babbo Natale. Questione di proprietà transitiva, la stessa che sperava di ottenere l’autore raccontando la storia dell’avaro Mr. Scrooge, che dovette fare un itinerario nel tempo con ben tre fantasmi di Natale (del passato, del presente e del futuro), prima di capire che era il caso di rimboccarsi le maniche. La morale che si trova infatti nello scantinato del romanzo, ci suggerisce che dovremmo conservare questa porporina natalizia (si legge buoni propositi e to do list), ben oltre i giorni di festa. La domanda fondamentale, però, è se i vizi capitali sono qualcosa su cui possiamo lavorare, oppure se fanno parte della corteccia cerebrale primitiva, quella che il neuroscienziato Donald MacLean, negli anni ‘70, definiva come “the lizard brain” (la sede degli impulsi primari). Abbiamo venti giorni di festa e un intero anno per sperimentare e monetizzare… Il test, può iniziare. Onomastico: Sant’Urbano V, Papa

Il 18 dicembre 1737 muore Antonio Stradivari

I primi violini di Antonio Stradivari si chiamavano “amatizzati” e, a dispetto del nome, non era in ballo l’amore; al tempo il giovane viveva sotto l’ombra del suo maestro Nicola Amati. Solo alla sua morte i violini potranno essere firmati con “Antonius Stradivarius Cremonensis Faciebat”, la famosa dicitura che ancora oggi ne decreta il valore. Di un amore ambiguo era anche il legame di Mozart con il violino: era lo strumento del padre, ma tra i due il rapporto non era idilliaco. Nella “Sinfonia concertante per violino, viola e orchestra”, Mozart si raccomanda di accordare la viola mezzotono sopra, lasciando il secondo in bemolle (quindi un mezzotono più basso); questo, forse, vale più di ogni razionale spiegazione. E cosa dire del ‘900, quando Man Ray trasforma il corpo della sua amata Kiki in un violino?. Fece questo semplicemente disegnando sulla schiena della giovane quelle due “f”, introdotte proprio da Stradivari. Pare però che sempre di amore si trattasse: per Ingres (il pittore a cui è intitolata la fotografia), non c’era infatti cosa più grande del suo rapporto con questo strumento. Ma se la memoria non ci inganna, il primo verbo del Surrealismo è proprio l’ambiguo. Che, però, continua ad avere fascino per il suo esser non rettilineo: proprio come gli strumenti che compongono il nostro violino. Onomastico: San Malachia Profeta

Il 17 dicembre, nell’antica Roma, iniziavano i Saturnali

Se fossimo vissuti nell’antica Roma, da oggi sarebbe stata festa grossa. La stagione è improvvida (le giornate, del resto, sono le più corte dell’anno), così come scarso è il raccolto. Per questo, fino al 23 dicembre era il tempo della spirale liberatoria, tanto che si viveva come se il mondo fosse alla rovescia: i padroni preparavano banchetti agli schiavi, ci si scambiavano i regali e si poteva giocare ai dadi (che erano banditi tutti gli altri giorni dell’anno). Saturno era il dio della semina e, nella paura che le anime dei defunti infestassero i raccolti, si organizzavano processioni propiziatorie. La parola d’ordine era fasto matto e, tra cembali e tamburi, iniziava anche il carnevale. Le maschere, dal canto loro, dovevano essere abbastanza mostruose da inibire gli spiritelli ondivaghi. Sembra che i nostri antenati si erano organizzati proprio in tutto, pur di scongiurare l’apertura del vaso di Pandora… Onomastico: San Daniele Profeta

Il 16 dicembre 1937: fuga da Alcatraz

Questa fuga è avvenuta prima di quella del 1962 resa famosa dal film di Clint Eastwood. Ma vicende ed esiti sono molto simili: lime e oggetti appuntiti per bucare la fortezza, vecchi pneumatici come zattere, nessuna notizia dei fuggitivi: persi o sopravvissuti tra i banchi di nebbia di San Francisco. Un banco, però, è anche una forma di aggregazione animale, che non ha altro scopo se non la sopravvivenza. Non c’è alcuna relazione tra i pesci che decidono di regalarci le loro giravolte alla “Cirque du Soleil” in mare: solo un freddissimo e studiato tentativo di abbagliare il predatore. Nel banco non c’è un capo e i rapporti di sudditanza non sono di casa. È un po’ la stessa relazione che ha legato i cinque detenuti che sono riusciti a scavalcare la prigione. Che dire invece del branco? Stessa moltitudine, una consonante in più, eppure tutto cambia. Il branco segue la corrente, il banco fa la corrente. Se il primo è cieco, il secondo ci vede benissimo, ed è fuggito da Alcatraz. Il diavolo, come sempre, è tagliente ed è nei dettagli (compresi quelli ittici). Onomastico: San Davide, Re e Profeta