“Tra la Biennale di Venezia e la città esiste un legame simbiotico”, spiega Antonio Romano alla vigilia della 19a Mostra internazionale di architettura dal titolo “Stranieri Ovunque”. Nel 2001 Inarea realizza la brand identity dell’Istituzione tuttora in utilizzo. Ispirato dalla celebre colonna di Piazza San Marco, il logo ne trasforma il fusto in una campitura rossa, colore fortemente radicato nella cultura e nella storia della Serenissima, che incornicia il nome in bianco, mentre il leone stilizzato interpreta la scultura bronzea alata, originariamente una chimera a cui furono aggiunte poi le ali. Il marchio è caratterizzato da un forte sviluppo verticale, riequilibrato da un quadrato rosso posto a fianco della colonna che inquadra, mettendo in risalto il contenuto, ovvero il sistema di eventi culturali e artistici – Arte, Architettura, Cinema, Danza, Musica, Teatro, Archivio Storico: il perimetro che rende la Biennale un riferimento a livello globale e un forte incentivo a tornare in visita a Venezia durante tutto l’anno.
Come mai questa identità visiva è così longeva?
“Perché è semplice. È una sorta di cornice che mette in risalto il contenuto e l’organizzazione culturale dell’istituzione. Diventa un organismo di segni, un design coerente e riconoscibile che si estende a tutti i diversi eventi e manifestazioni. È una sorta di cappello che accomuna e che viene esteso non solo al programma culturale, alla mostra istituzionale o agli spazi espositivi delle varie nazioni partecipanti, ma anche al relativo sistema segnaletico e comunicazione pubblicitaria nella città. Onore all’Istituzione per l’aver saputo utilizzare questo sistema in modo efficace e non invasivo nel tessuto urbano. Se l’identità visiva ha contribuito a rendere la Biennale riconoscibile, l’Istituzione ha reso Venezia più attrattiva garantendo qualità, articolando l’esperienza dei visitatori e offrendo una nuova relazione con la città stessa che diventa una destinazione non solo per il turismo, ma anche per gli eventi culturali. Tra la Biennale e la città sussiste un legame per cui una è parte dell’altra. E la Biennale diviene un tutto onnicomprensivo: infatti, pur essendoci molteplici biennali nel mondo, il termine richiama alla memoria in maniera immediata quella di Venezia”.
Quali sono i presupposti del marketing territoriale attraverso operazioni di tipo culturale?
“Alla base c’è il riconoscimento di un sistema di valori e di segni impressi nel territorio. Il marketing territoriale nasce da un processo di semplificazione: più il risultato è sintesi di elementi riconducibili, anche implicitamente, a un determinato luogo, più è efficace. Nel corso dei decenni abbiamo realizzato svariati progetti di city branding: da Roma Capitale, in cui il celebre acronimo SPQR e i colori rosso e giallo (trasposizione dell’oro imperiale) si sono talmente radicati nell’immaginario collettivo da diventarne emblema – si veda anche il successivo progetto di brand identity di Sapienza, Università di Roma che sostituisce il rosso al tradizionale blu dell’istituzione, alla città di Milano [leggi anche “Milano, città della ribalta”] in cui il rigore della croce del simbolo araldico diventa elemento organizzativo in grado di coordinare la comunicazione.
“Sono da segnalare anche i casi di New Administrative Cairo Capital – City of Arts and Culture e di Pompeii. Pur essendo quest’ultima una città non più esistente, il progetto di brand identity e di signage & wayfinding del sito archeologico presenta elementi di similitudine con l’organizzazione e la fruizione delle informazioni di un contesto urbano “vivo”. A fronte di esigenze di sintesi nelle mappature, fruizione internazionale, leggerezza visiva e durabilità degli elementi di segnaletica, il progetto risponde alle medesime logiche di attrattività, esperienza e facilità di utilizzo alla base del marketing territoriale urbano. Analogamente, per la nuova città per le arti e la cultura del Cairo abbiamo realizzato un marchio che lega il richiamo internazionale alle piramidi con le ali dell’aquila di Saladino, simbolo dell’Egitto. Abbiamo poi sviluppato un complesso sistema di wayfinding con percorsi pedonali e veicolari che dal mondo esterno si estende all’interno degli spazi, codificandoli in una segnaletica comune. È una città di nuova fondazione, chiamata a ospitare oltre sei milioni di abitanti, in cui auspicherei un legame simbiotico con l’universo urbano simile al caso della Biennale di Venezia”.