Questa settimana è stato trovato il cuore più antico del mondo. E se “antico” chiama spesso anche il “sacro”, ci spiace constatare che il primato non è dell’uomo. Siamo al largo dell’Australia e il protagonista è un pesce – chiamato Gogo – estintosi 380 milioni di anni fa: di lui non rimane che un fossile, però il cuore è rimasto intatto.
Tutto torna. Per i nostri antenati, infatti, la sacralità era in fondo al mare. Lì trovavano del meraviglioso, a tal punto che quel “sottosopra” non perdeva mai occasione di affiorare, magari travestito da arte: poeti, artisti e scultori ne avevano piene le tasche di meduse, sirene o tritoni. Per non parlare del fascino elettrico esercitato dalle murene: i romani le allevavano nelle “piscine”, una sorta di touch-point con un mondo altro. E “pesce” sarà infine l’acronimo di Gesù…
Insomma, la sacralità non è solo della terraferma. Ma per nuotare in questi tempi che sembrano rivoltarci come un calzino, potremmo almeno guardarli un po’ più da vicino: i pesci, infatti, non chiudono mai gli occhi. Noi umani, invece, vogliamo che la fortuna sia cieca, la giustizia bendata e la felicità la godiamo a occhi chiusi! Forse aveva ragione la mamma quando ci raccomandava di tenere ben aperti gli occhi? L’allerta ci farà rimanere a galla.