Tre civette sul comò

“Civettuola” è un’espressione dove un non-so-che di lezioso svolazza e spesso atterra nel mondo della moda. Vero solo a metà. A Parigi, settembre si è chiuso con la fashion week. Entriamo in una sfilata e il set è una grotta all’italiana, quasi una maquette del giardino di Boboli: in passerella abiti molto neri, di molti pizzi. È la sfilata di Dior e Maria Grazia Chiuri prende ispirazione da Caterina de’ Medici, la fiorentina che nel Rinascimento fece scalpore e cronaca: portò in Francia forchette, zeppe e merletti di Burano, oltre a un certo savoir faire nero. Indossava abiti più scuri del fumo e, per svettare in tutti i sensi, amava i tacchi. Si dice che fu la mandante della Strage degli Ugonotti, così come dell’avvelenamento della suocera, tradita – sembra – da un guanto profumato al veleno… anch’esso di finissima esportazione fiorentina.

Negli stessi anni, in Toscana, la moglie di Cosimo de’ Medici, Eleonora di Toledo, fondava una manifattura tessile, scegliendo il Bronzino come pubblicitario: la raffigurò con un abito che era il non plus ultra del broccato. Quel vestito forse non è mai esistito, ma un campione di stoffa (solo questo aveva il pittore), bastò per far parlare l’Europa dello “stile Eleonora”.

Tra arsenico e vecchi e nuovi merletti, queste donne ci appaiono come civette, però senza quei fronzoli dei diminutivi perché il metro è completamente diverso: l’uccello notturno è da sempre simbolo di coloro che sanno guardare oltre. E, senza ombra di dubbio, possiamo dire che dal Cinquecento sia iniziato quel lungo-metraggio del fashion style italiano.