Difficile alimentare speranze quando, non tanto lontano da qui, la parola passa alle armi. Preferiamo però mantenere il nostro taglio: oggi, 25 febbraio 2022, ci prendiamo comunque una licenza poetica per ricordare che il Guggenheim di Bilbao ha avviato le feste per i 25 anni di occupazione felice del suolo della città basca.
Culmineranno ad ottobre, ma intanto il palinsesto è scaldato da una mostra di Jean Dubuffet (che aprirà proprio oggi), e un’altra che ci ricorda ciò che di meglio è successo in Europa tra le due guerre: Fauvismo, Cubismo, la “Scuola di Parigi” e il Surrealismo. Si potrebbe pensare al “nostro” Futurismo come grande escluso (anche se non mancano Modigliani e De Chirico). Eppure, è lo stesso edificio di Frank Gehry che rende omaggio a quelle forme uniche di continuità nello spazio di Umberto Boccioni, il più acuto ed europeo tra gli artisti italiani del movimento. La porta del Pantheon, per lui, si aprirà troppo presto, perché la Prima Guerra Mondiale recise una vita di soli 34 anni. Strana assonanza, in una settimana scandita da una parola che tutti vorremmo fosse afona.
Perché ci volgiamo, dunque, al compleanno del Guggenheim (e anche di Gehry, che tra tre giorni ne compirà 92)? Per ricordare l’importanza di tagli netti e di nutrimenti alternativi. Il museo ha significato entrambe le cose per l’economia di Bilbao. E vedere artisti europei sotto il suo stesso tetto (anche russi e ucraini), restituisce un’idea di Europa come nido sicuro; una piccola zona di conforto, nonostante tutto.