E se in barba a ogni stereotipo vi dicessimo che il kolossal è nato a Torino? Peccato che poi questa parola sia rimasta sabauda il tempo di un velo di fard. Siamo nel 1914, il film si chiama Cabiria, la casa di produzione Itala e il regista Giovanni Pastrone, anche se passerà alla storia come il ghostwriter di Gabriele D’Annunzio: per solidificare oltralpe la settima arte, serviva infatti il vate.
Da Broadway alla Casa Bianca, Cabiria farà il giro d’America: tutti apprezzarono quella sapienza italiana, un po’ artigianale e un po’ tuttofare, di saper fondere contenuto, musica e animazione, per un’opera che era “colossale” già nella lunghezza (una pellicola di oltre 3 mila metri contro una media mondiale di soli 200).
Se l’alba del cinema è stata sotto la Mole, ci sembra così molto naturale il fatto che il Museo Nazionale del Cinema di Torino questa settimana abbia siglato un accordo con l’Academy di Hollywood: sul tavolo un restyling dell’edificio, un gemellaggio tra direttori e mostre e il primo coordinamento tra i musei di cinema del mondo (tra cui la Cinémathèque française, l’Australian Centre for the Moving Image, il London Film Museum, l’Eye Film Institute di Amsterdam).
Se la Mole si rifà il trucco, la città non sta di certo a guardare: il maggio torinese è già stretto tra l’Eurovision e il Salone del Libro. L’impressione è proprio che l’elegante signora bohémien non avrà neanche un minuto libero per incipriarsi il naso.