Il branding territoriale è un processo strategico di comunicazione che viene a creare un’identità distintiva per un luogo aumentandone l’attrattività. Le caratteristiche uniche di un territorio, i suoi punti di forza e i valori sono sintetizzati in un’immagine univoca che lo rende riconoscibile e che ne aumenta la percezione positiva. La creazione di quest’immagine distintiva nasce dall’analisi e dalla sintesi della complessità del sito, poi tradotta in forma e segni, capaci di creare un collegamento simbolico e semantico verso un pubblico sia internazionale sia locale. Dietro ogni progetto di city o place branding c’è l’esigenza di organizzare la rappresentazione di realtà complesse secondo criteri di semplificazione, conformi allo spirito dei tempi e ai suoi mezzi di comunicazione.
Alcuni casi di cultural branding di Inarea
Tra city e cultural branding nel corso dei decenni Inarea ha realizzato molteplici progetti in cui la specificità culturale di un contesto è divenuta lo strumento per costruire l’identità, riconoscibile e apprezzata, di un’istituzione (si veda la Biennale di Venezia ) o di un’associazione culturale. In tali progetti culturali l’elemento prioritario e comune è stata l’esigenza di ricondurre a semplicità i bisogni e le complessità sottostanti al progetto, valorizzando quegli elementi unici e simbolici che creano relazione con il luogo. Tra gli esempi, Puglia, il nuovo ‘marchio unico’, adottato dalla Regione per rafforzare la proposizione unitaria del territorio rispetto alla pluralità dell’offerta (non solo turistico).Oppure il Museo MAXXI di Roma, in cui il riferimento alla contemporaneità e all’espressione delle arti del XXI secolo è comunicato dai caratteri del suffisso XXI in continua trasformazione. Per il 25° anniversario dell’Associazione Civita, Inarea ha coniato il claim “Civita arte a te” per esprimere il senso della relazione tra istituzioni culturali e persone: tanto più l’arte è vicina ai suoi fruitori, tanto più le si attribuisce valore.
Quando il museo diventa branding
Alla fine del XX secolo, i musei civici così come i teatri hanno vissuto una stagione di generale abbandono da parte delle istituzioni culturali, rendendoli al pubblico come qualcosa di obsoleto e lontano da sé. In seguito al rilancio del Musée du Louvre con la costruzione della Piramide di IM Pei, del relativo sistema segnaletico e dei nuovi servizi al suo interno tra cui il bookshop e il ristorante, è cambiata l’offerta all’interno dei musei che sono diventati uno strumento anche di entertainment e di business. Tutte le grandi istituzioni hanno seguito una strada simile, con l’adozione di un’identità di marca che nasceva dalle stesse regole delle organizzazioni e dei prodotti. Il processo di branding museale infatti non cambia, perché nella creazione di un’identità visiva si ricercano quegli elementi simbolici e valoriali che diventano linguaggi e quindi racconto, espressione. Purché coerenti: “non credo alle istituzioni che mettono i cuoricini. L’istituzione, sia pure resa fruibile e attrattiva, deve sempre ispirare un senso di identificazione e di rispetto”, precisa Antonio Romano.